martedì 29 aprile 2014

CHI AMMINISTRA IL NOSTRO PAESE?

 Chi sono veramente i nostri politici?
Perché bramano per le poltrone che conquistano in parlamento e soprattutto, chi veramente rappresentano?
È la politica diventata il potere assoluto per la copertura e l'amministrazione di caste ben definite?
Perché la ricchezza economica, scientifica, culturale, ecc, deve essere accentrata, controllata da pochi, coperta dai politici che sono in parlamento in vece e rappresentanza del "Popolo"?

PREMESSA

Ho scritto questa analisi ad agosto del 2013, la pubblico perché la ritengo tutt'ora attuale.

LA NOSTRA COSTITUZIONE

Il Capo dello Stato, Enrico De Nicola, firma la Costituzione italiana. 22 dicembre 1947





Non voglio analizzare la nostra costituzione, non sono un costituzionalista, ne un avvocato. Voglio soffermarmi soltanto su pochi argomenti mirati a chiarire quanto in appresso esposto.
Il 2 giugno 1946 i cittadini furono chiamati a votare contemporaneamente per il referendum tra monarchia e repubblica e per l’Assemblea Costituente. Queste furono le prime elezioni della storia dell’Italia svolte a suffragio effettivamente universale. Il decreto del 1°
febbraio 1946 aveva infatti esteso finalmente il diritto di voto anche alle donne.
Fra i 556 delegati dell’assemblea sedevano i cosiddetti padri della Costituzione che dopo

un anno e mezzo circa (1° gennaio 1948) elaborarono e promulgarono la Costituzione.
Di seguito alcuni caratteri della costituzione italiana.
  1. E’ la legge fondamentale da cui discendono e a cui si ispirano tutte le leggi ordinarie. Nessuna legge può mai essere in contrasto con quanto dice la Costituzione e, nel caso ciò avvenga, è sempre quest’ultima a prevalere.
  2. Si parla quindi di una Costituzione rigida, ciò significa che le norme costituzionali non possono essere cambiate da leggi ordinarie. Per modificare la Costituzione sono necessarie leggi particolari, le leggi di revisione costituzionale, per l’approvazione delle quali è prevista una procedura complessa che mira ad allontanare il rischio di facili cambiamenti (art.138 della Costituzione), rigida quindi, non significa immodificabile; la procedura di revisione prevede però regole più complesse rispetto a quelle necessarie per approvare le leggi ordinarie, proprio perché i cambiamenti da apportare al testo costituzionale devono essere frutto di un accordo che coinvolga tutte le forze politiche, non un’imposizione della volontà della maggioranza. Esse sono espresse nel citato articolo 138 che oggi qualcuno vuole stravolgere, minando l'obbiettivo dei nostri padri. Anche se alcuni costituzionalisti non sono d'accordo, altri sono unanimi nel considerare questo articolo come il meccanismo fondamentale su cui ruota, con tempi e modus, il meccanismo di cambiamento delle norme costituzionali. Cambiando questo articolo anche se temporaneamente, cambia il modo di modificare la costituzione, quindi cambia nella sostanza la costituzione stessa e il suo modo di auto regolamentarsi. A quel punto essa non può più essere considerata la nostra costituzione, ma qualcos'altro. Senza per altro, prendere in considerazione che attualmente la maggioranza governativa non corrisponde neanche a quella rappresentativa del popolo italiano.
    L’articolo 139 della Costituzione specifica che “la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”. In questo articolo vedo la fine che rimanda all'inizio. Ho immaginato i padri della nostra carta che attorno al tavolo della condivisione hanno voluto imprimere nel DNA della nostra costituzione, la forma Repubblicana. Il primo articolo annuncia che “L'Italia è una Repubblica democratica...” e l'ultimo, il 139, stabilisce che se si cambia la forma dello stato da quella repubblicana, decade l'intera carta costituzionale. Insomma vedo l'articolo 1 e l'articolo 139, non come il primo è l'ultimo, ma come il punto in cui il cerchio delle norme costituzionali si unisce, comprendendo all'interno, tutto ciò che sta in mezzo (articoli dal 02 al 138).
  3. La nostra Costituzione è lunga perché non si limita a sancire i principi fondamentali, ma riconosce una pluralità di diritti anche riguardo ai rapporti etici, sociali ed economici. E’ formata da 139 articoli. Essa è composta da :
    1. una parte introduttiva: “i principi fondamentali” (artt.1-12);
    2. una prima parte (artt.13-54) intitolata “diritti e doveri dei cittadini” la quale tratta del rapporto tra lo Stato e i cittadini;
    3. da una seconda parte (artt.55-139), intitolata “ordinamento della repubblica” nei quali si esprime dell’organizzazione dei pubblici poteri;
    4. le “disposizioni transitorie e finali” (18 articoli) contenenti in prevalenza norme transitorie per il passaggio al nuovo ordinamento.
  4. E’ frutto di un compromesso tra tutte le forze politiche che sedevano in Assemblea Costituente.
  5. E’ deliberata dal basso perché scritta dai rappresentanti del popolo italiano al contrario dello Statuto Albertino che era stato concesso dal re. La deliberazione è uno dei capisaldi fondamentali della nostra costituzione. In essa c'è l'essenza stessa della nostra carta. Essa fu, sottolineo “fu”, scritta dai rappresentanti del popolo italiano. Dai rappresentanti di tutto il popolo italiano, non solo di quelli di una maggioranza di esso.
  6. E’ scritta

    I NOSTRI CARI VECCHI POLITICI
    Mi ricordo da bambino che il giorno delle urne era molto sentito dal popolo italiano. Nelle settimane immediatamente prima di tale evento, in modo estenuante e caparbio, i nostri politici riempivano le piazze ed incontravano la porzione di popolo che si accingevano a rappresentare.
    Alcide De Gasperi
    Dopo le elezioni, sentivo gli adulti entusiasti e contenti. Si sentivano rappresentati da quei politici che avevano appena votato ed eletto.
    Le segreterie, mi ricordo, funzionavano. Ti ricevevano, ti ascoltavano, magari non potevano o non volevano aiutarti, ma almeno avevano la decenza di ascoltarti. Se vi ricordate c'è un altro aspetto che oggi sfugge a molti. Esistevano tutta una miriade di partiti minori e partitini anche locali che orbitavano attorno ai partiti giganti rappresentanti la maggioranza politica. Erano i partiti di minoranza, quelli che rappresentavano piccole porzioni di un elettorato con specifiche problematiche che mai sarebbero state rappresentate dai politici dei partiti di maggiore aggregazione. Erano agglomerati di un elettorato minore che comunque aveva i suoi rappresentanti ed era rappresentato in parlamento. In parole povere le minoranze, avevano anche se flebile, una voce all'interno del parlamento italiano.
    Enrico Berlinguer
    Qualcuno potrebbe obiettare che non serviva a nulla avere tali rappresentanti in quanto non si potevano certo ribaltare le sorti di un partito, di un partito di maggioranza, ne tanto meno influenzare i grandi partiti dell'opposizione e le norme parlamentari che questi soggetti promulgavano. Niente di più sbagliato. Due aspetti sono certamente da tenere in considerazione. Uno è quello che a prescindere, esisteva la voce delle minoranze in parlamento. Il solo prendere la parola ed esprimere il parere di una minoranza è certamente l'espressione di una civiltà politica ormai smarrita della nostra attuale classe dirigente. Il secondo aspetto riguarda la proposizione delle idee espresse da tali partiti “pulce”. Non è vero che non potevano trovare espressione in parlamento, molte di quelle proposte di minoranza limavano gli emendamenti di legge che venivano promulgati dai partiti maggiori, riconoscendo, da parte di questi ultimi, una valenza non valutata all'interno delle proprie segreterie. 
    Sandro Pertini
    Esisteva un rispetto dell'avversario. Non era considerato un nemico, quasi lo si ringraziava per aver espresso un pensiero diverso dalla prospettiva politica del proprio partito. Paradossalmente e di difficile ammissione, ciascuno di noi impara di più da chi la pensa diversamente che da chi condivide la nostra linea di pensiero. Mai ci verrebbero in mente soluzioni diverse da quelle che sono il frutto della nostra esperienza. Ecco l'importanza di confrontarci con chi la pensa in modo diverso da noi. Solo dal dialogo politico, può palesarsi il suo perfetto equilibrio.
    L'aria politica che si respirava 40 anni fa, era intrisa di un'atmosfera di frizzante euforia e di una grande voglia, politicamente e socialmente, carica di costruttività.


    LA 2a REPUBBLICA
    Senza analizzare i motivi per cui si è, apparentemente, chiusa una prima fase della repubblica italiana, si cerca di analizzare la nascita e l'evoluzione della seconda repubblica.
    Un bel giorno, precisamente il 17 febbraio del 1992, ha inizio l'inchiesta milanese, denominata “Mani Pulite” che porterà all'annientamento della Democrazia Cristiana, del Partito Socialista Italiano, del Partito Socialdemocratico Italiano e del Partito Liberale Italiano.
    L'inchiesta inizia con l'arresto di Mario Chiesa, esponente di spicco del PSI milanese, arrestato in flagranza di reato mentre intasca una tangente di 7 milioni di vecchie lire. A seguito di questo arresto, l'allora presidente del partito Socialista, Bettino Craxi, negava la possibilità che esistessero corruttele all'interno del partito.
    A seguito di questa inchiesta i su menzionati partiti politici scomparivano dallo scenario politico, mentre altri , cambiando simbolo, camuffavano eventuali pregresse responsabilità di finanziamento illecito.
    In quegli anni, si assiste alla scesa in campo di Silvio Berlusconi, precisamente il 26 gennaio 1994. Con il suo partito politico, Forza Italia, voleva difendere il suo patrimonio e quello dei suoi componenti, da una ipotetica dittatura da parte della sinistra1. Si assiste quindi alla definizione di uno scenario politico, composto da due schieramenti politici contrapposti, uno di centro-destra ed uno di centro-sinistra.
    In pratica si assisteva ad un vero e proprio assalto alla diligenza Italia, da parte di due forze contrapposte che cercavano di depredarla per alimentare e difendere i fortini nei quali si erano arroccati e dentro i quali operavano i centri di potere da loro difesi e rappresentati. La differenza tra queste due grosse coalizioni, stava nel fatto che, mentre uno, il centro-destra, era sceso in campo dichiaratamente per difendere gli interessi dell'imprenditoria che rappresenta, priva ormai di copertura politica (I partiti che la rappresentavano, la favorivano e la coprivano erano scomparsi), il secondo, il centro-sinistra, gli si allea spartendosi la rimanente parte dei centri di potere (le caste) fino ad allora coperti e favoriti dagli ex partiti della sinistra. Una sorta di tacita alleanza ed equilibrio politico incentrato sulla tolleranza della spartizione del potere politico nazionale. Questo accentramento verso il centro, se da parte del centro destra era esattamente il motivo stesso per cui esso esisteva, da parte del centro sinistra e della coalizione che esso rappresentava, incominciava a erodere il tessuto stesso del partito nel quale, la sua ala più estrema, incominciava a dare cenni di dissenso. La coalizione di centro-sinistra, negli alleati più estremi e la stessa coalizione che aveva sostituito il PCI, nella sua ala di estrema sinistra, non vedevano di buon occhio l'avvicinamento al centro anche se costretti dalla spingente ed incombente presenza del centro-destra. In pratica e ciò prosegue fino ai nostri giorni, le ali più estreme del centro-sinistra, mal sopportano l'egemonia politica centrista del loro stesso partito, ritenendo che la vera politica è quella che favorisce l'elettorato non rappresentato dall'opposto schieramento.
    Altra problematica è stata quella delle grandi coalizioni e della mancanza di quelle rappresentanze politiche minori che sarà affrontata nel paragrafo successivo.
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    L'ATTUALE VERGOGNA DELLA POLITICA
    Siamo attivisti del M5S. Fino a qui nulla di strano.
    Siamo attivisti del M5S, tra l'altro, perché tanti di noi non si riconosco e non si sentono rappresentati da nessuno dei partiti e dei politici attualmente presenti in parlamento. Anche fino a qui non c'è nulla di strano.
    Tanti di noi si vergognano e si sentono abbandonati a tal punto dall'essere rappresentati da questa classe dirigente che sentiamo la necessità di attivarci a rappresentare noi stessi all'interno della classe dirigente pubblica per tutte quelle competenze che abbiamo acquisito nel corso degli anni, svolgendo ciascuno la propria professione.
    Incominciano le stranezze!!
    Anche se pacifica, è l'inizio di una rivoluzione politico-culturale. Si sta riscrivendo, con partecipazione plebiscitaria, la rappresentatività politica di una porzione del popolo italiano. Per la prima volta tanti cittadini Italiani si attivano. Diventano portavoce della popolazione, di se stessi. Dipendono dal popolo, rappresentandolo dalla sua base. Possono esprimere idee personali che, se condivise, vengono perfezionate. Per la prima volta una coalizione politica, pur non rispettando l'articolo 67 della nostra costituzione, vi si attiene. In effetti questo articolo svincola dal mandato politico ogni parlamentare per lasciarlo libero di operare nell'interesse del popolo e della nazione nel suo esercizio istituzionale. Questo articolo non è mai stato rispettato in quanto chiunque sia stato eletto, ha svolto e svolge il suo mandato in favore delle caste rappresentate. Anche il Movimento 5 Stelle non si sottrae a tale disfunzione, ma paradossalmente rappresenta una casta molto particolare: il popolo. Il popolo nella sua pluralità, Anche se si tratta di una sua porzione, gli attivisti e i simpatizzanti del M5S operano per riportare una legalità e un rispetto nelle istituzioni che ormai si è perso da tempo. All'interno di questo movimento trovano posto una pluralità di cittadini che, tutti assieme, porgono idee e realizzano progetti, totalmente indirizzati al bene comune, agli interessi della cittadinanza di cui essi stessi sono portavoce.

    Perché mi vergogno della politica e di coloro che la rappresentano?
    I politici, sin da che ne ho memoria, non mi hanno mai avvicinato alle istituzioni. Mi hanno sempre allontanato dalla cosa pubblica. Mi hanno sempre fatto credere che essa fosse di proprietà della politica e dei politici che la rappresentano. Mi hanno fatto credere che i miei diritti di cittadino italiano, si potessero palesare, solo dopo che la politica ne avesse dato il benestare. Persino il lavoro pubblico mi è stato sempre negato, se negata era l'amicizia ad un politico o l'appartenenza ad una classe politica. Se insomma non fossi stato raccomandato. Il politico ai miei occhi, è sempre stato un individuo “eletto” inarrivabile, disposto a tutto pur di non perdere la sua porzione di potere conquistata con l'aiuto dell'elettorato. Forse non ho mai fatto attivismo politico perché non mi sono mai sentito apparentato con quel mondo, come penso sia avvenuto che tanti altri italiani, si siano disinnamorati della politica. Molti di noi, si sono sentiti alienati da quel mondo, andavamo a votare il politico o il partito che per ideologia ci ispirava di più, pretendendo che poi favorisse i nostri interessi e si facesse garante dei nostri ideali. Quanto mai falso e inattuato. Solo adesso mi rendo conto di quello che la politica e i politici hanno sempre, da che ne ho memoria, fatto: favorire gli accentramenti di potere da loro rappresentati. Li hanno coperti e aiutati con coperture legislative e elargizioni di denaro pubblico.
    Gli accentramenti di potere (Multinazionali in testa, banche, grosse aziende, istituzioni pubbliche e private, imprese pubbliche e private, partecipate statali, regionali e comunali, ecc.) con il potere acquisito e la copertura politica, hanno creato delle vere e proprie caste, all'interno delle quali, per riuscire a farne parte, l'ultimo dei requisiti era ed è il merito. Si sono create ad arte delle vere e proprie simbiosi tra potere di controllo della ricchezza sociale da parte di insiemi ben definiti da un lato e copertura politica legittimata da un elettorato in gran parte ignaro, dall'altro.
    Tale connubio ha sempre favorito con estrema facilità chi voleva farne parte, sia potente che politico, a condizione di precisi requisiti di sottomissione e servilismo. Tali individui, controllati e controllabili, nel tempo, sono stati inseriti nei punti chiave di questi accentramenti o sono diventati emissari politici garantisti dell'accentramento rappresentato. Il tutto è avvenuto in totale disprezzo della rappresentanza del popolo italiano e delle sue esigenze sociali.

    L'attuale status politico e quello garantista delle caste che protegge e sembra apparentemente, non accorgersi dello stato di disagio sociale, di cui è responsabile. Secondo il mio modesto parere, penso che ne siano perfettamente consci e al contrario hanno pianificato il loro futuro in perfetto accordo con i gruppi di potere che rappresentano.
    Nelle partite a Monopoli che giocavamo da bambini, assistevamo ad uno dei giocatori che, dopo aver sbancato tutti, acquisiva la proprietà di tutto ciò che si trovava sul tavolo di gioco. A quel punto il gioco finiva. Non si poteva più proseguire perché i contendenti non potevano partecipare alla vita economica della città in quanto falliti. Non avevano più nulla da dare al fortunato potente di turno. Tutto il loro patrimonio era stato prosciugato. In questo momento storico, in un certo senso, stiamo assistendo ad una situazione analoga. Le caste, aiutate e coperte dai partiti politici di centro, hanno pian piano accentrato il loro potere socio-economico a danno di tutti coloro che non aderivano a questi agglomerati o che semplicemente non ne facevano parte. Hanno dato la parvenza di aiutare il prossimo, ma l'unica cosa che sono state in grado di realizzare è stata quella di consolidare la loro posizione accentratrice con l'aiuto e la copertura della politica partitica. Non a caso sia i politici che gli uomini rappresentanti gli accentramenti di potere, sono, nel tempo, rimasti gli stessi. Queste persone, politici o potenti, ma soprattutto i politici, li vediamo come protagonisti egemonici e quali punti di riferimento certi della prosecuzione di questa scellerata e tacita forma di simbiosi. Al di sotto ci siamo tutti noi. Noi siamo le particelle che riempiono il serbatoio rappresentato da queste figure, sia che si tratti di voti, sia che si tratti di beni o di mero denaro. I soldi di finanziamento che vengono dati spesso a questi grossi agglomerati, con la scusa di creare ulteriore occupazione e sviluppo, vengono in percentuale trascurabile ad essa destinati. La stragrande maggioranza viene trattenuta per scopi di natura tutt'altro che sociale.
    Nel frattempo, pure essendo noi il motore propulsore di tutto questo meccanismo socio-economico-politico, siamo costretti ad elemosinare un posto di lavoro per noi o per i nostri figli a prescindere dal merito e dalla preparazione acquisiti. Siamo sempre noi a chiedere una raccomandazione per trovare un posto per un ricovero ospedaliero negato, o per portare a buon fine una pratica presentata presso un ufficio pubblico arenatasi ad arte, ecc... Abbiamo dimenticato che le cose che reclamiamo, sono già un nostro diritto e/o di nostra proprietà, in quanto create con nostri sacrifici contributivi. Gli amministratori pubblici e i politici, sono persone al nostro servizio e non al servizio di se stessi e degli accentramenti di potere che coprono e favoriscono.
    Dove sono le rappresentanze delle minoranze del popolo?

    Un tempo i partiti di maggiore consenso erano moderati da un insieme di partitini che rappresentavano le minoranze del popolo.
    Essi non erano dei veri e propri partiti in grado di fare cambiare rotta ai partiti maggiori, ma portavano la voce di tante minoranze all'interno del parlamento. Gli equilibri e le tensioni politiche del tempo anche se apparentemente i partiti di maggioranza sembravano disinteressarsi di tali problematiche, per questioni di equilibrio politico. si riusciva a fare votare emendamenti di partiti minori.
    Tanti emendamenti, leggi, circolari e orientamenti politici, non si sarebbero evoluti se quei partiti non fossero stati in parlamento. La prospettiva politica di maggioranza, cieca a quella della politica di minoranza, non si sarebbe evoluta verso le problematiche rappresentate anche dalle minoranze sociali.

    Ii politici del tempo, sapevano che senza la presenza delle minoranze non si sarebbe rappresentato il popolo nella sua interezza. Si era consapevoli che quelle problematiche, apparentemente minori, non erano altro che un peso che equilibrava la bilancia della politica centrista che amministrava la nazione. Una simbiosi apparentemente forse mal sopportata, ma con la consapevolezza di tutti circa la sua necessità.

    Dove sono oggi i rappresentanti del popolo di quelle minoranze?

    Chi rappresenta tutti coloro che non si identificano negli attuali schieramenti politici e non vanno a votare?

    Si può rappresentare una minoranza con un partito di maggioranza che rappresenta solo in parte la sua ideologia?

    Alla prima domanda è facile rispondere. Tranne il M5S, i partiti che rappresentano le minoranze, con l'attuale legge elettorale, si sono quasi estinti.

    Alla seconda domanda si può affermare che il M5S si fa garante, per sua stessa natura, di problematiche sociali portate avanti da esponenti del popolo stesso, mediante democrazia partecipata. Chiaramente tutti coloro che non ne fanno parte o non vanno a votare, non sono rappresentati da alcuno schieramento politico in parlamento.
    Attualmente manca la rappresentanza di una bella fetta di elettorato (ex elettorato di partiti di minoranza che non si sono voluti legare a nessuna coalizione, non votanti cronici), pari a circa il 25% degli aventi diritto al voto1
    Come si può quindi pensare che partiti che rappresentano circa il 50% dello stato attivo, possano amministrare la nazione anche in rappresentanza dell'altro 50%? Non esistono le rappresentanze delle minoranze (M5S a parte) che equilibrano la vita politica parlamentare.
    Senza considerare che in questo ragionamento, oggi il PDI non rappresenta neanche se stesso. Le dimissioni di Bersani, sono state platealmente il riconoscimento che egli rappresentava l'ala del partito che mai avrebbe stretto alleanze con il PDL. 
    Le sue dimissioni e la successiva alleanza dell'ala moderata e centrista, rappresentata da Letta, con il PDL di Berlusconi, ha creato una vero e proprio terremoto che ha scosso, sin delle fondamenta, l'intero partito. 
    Attualmente una grossa percentuale del PDI non si identifica con i suoi attuali rappresentanti al governo.
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    LA VERGOGNA PIÙ GRANDE
    Gli atteggiamenti forse più vergognosi dell'attuale politica sono rappresentati dagli attacchi strumentali alle istituzioni dello stato, fino ad arrivare al disconoscimento della stessa carta costituente.
    Non riconoscere nella magistratura l'organo che garantisce la giustizia al nostro popolo, secondo le leggi vigenti, approvate da un parlamento di cui chi si lamenta ne fa parte, è come non riconoscere le regole stesse su cui si fonda la nostra società civile da parte di chi le ha promulgate. Il parlamento e i vari governi che si sono succeduti in questo ventennio, non possono disconoscere una magistratura investita del suo ruolo costituzionale che applica la legge che il parlamento stesso ha promulgato. È come se in un contratto le regole stabilite dai contraenti siano disconosciute da alcuni di essi, dopo averle approvate.
    Per non essere giudicati da un tribunale, basta non commettere delitti. Per non essere condannati da un tribunale, basta non essere riconosciuti delinquenti.
    I tre gradi di giudizio garantiscono un giusto ed equo verdetto. Se si viene riconosciuti colpevoli in tutti e tre, dubito che si possa parlare di innocenza e/o di persecuzione.
    Ma forse il più vile attacco è quello che ho sentito spesso in quest’ultimo ventennio: l'attacco alla nostra carta costituzionale. Spesso, soprattutto il PDL, per mera difesa del suo leader, ha minacciato di modificare la costituzione anche nei suoi articoli fondamentali.
    Oggi, l'attuale maggioranza, sta tentando di modificare l'articolo 1381 della carta costituzionale. Questo articolo norma la revisione della carta stessa e delle leggi costituzionali. Rendere più facile o semplicemente diversa la revisione della carta e delle leggi costituzionali è come consegnare le chiavi della cassaforte normativa di base del nostro stato all'attuale maggioranza che non rappresenta neanche il 50% degli aventi diritto al voto. Per fortuna, a tutela di se stessa, la norma prevede che si sottoponga a parere referendario l'eventuale legge approvata, se 1/5 di una delle due camere ne faccia richiesta (Attualmente il M5S non conta 1/5 dei componenti in ciascuna delle due camere, si spera quindi in altre rappresentanze politiche contrarie che neghino e si oppongano a questa vergogna).
    Altra vergognosa questione riguarda lo sperpero di denaro pubblico senza precedenti effettuato in Italia, da tanto, troppo tempo. Senza inerpicarci in polemiche riguardanti auto blu, viaggi di stato, diarie, e quant'altro, la politica dovrebbe dare l'esempio di come dovrebbe essere razionalizzata la spesa. L'attuale disaffezione alla cosa pubblica e lo sperpero voluttuario famigliare, affonda radici profonde proprio nella condotta dei nostri amministratori pubblici. La stragrande maggioranza della popolazione italiana, sul modello amministrativo dallo sperpero pubblico, ha fondato l'amministrazione privata delle sue attività a partire da quella famigliare. Pochi sono i sobri o coloro che rifiutano gli status sociali voluttuari. Ci siamo circondati di tanta inutilità, disinteressandoci quasi totalmente di tutto ciò che è pubblico, compresa la nostra contribuzione monetaria statale. Quanto di più sbagliato e incoerente per una collettività che si definisce civile.
    Una amministrazione pubblica matura e coscienziosa, si interessa prima dei soldi pubblici, della loro oculata destinazione e contemporaneamente di favorisce gli investimenti privati, allargando gli orizzonti della crescita sociale. Insegna nelle scuole, alle nuove generazioni, come vivere in armonia con i concetti di educazione civica e come razionalizzare e distribuire al meglio le risorse pubbliche. Educa la popolazione a non inquinare e favorisce la ridistribuzione della ricchezza a favore del popolo stesso. Insomma da una ricchezza pubblica, in cui i primi investitori sono i cittadini, deve corrispondere una politica statale che promuova un reinvestimento razionalizzato...per i cittadini. Attualmente si fa l'esatto contrario, si sottrae sempre di più ai cittadini per destinare i proventi delle casse statali ad accentramenti di potere (economico) che destinano quelle somme esclusivamente a fini tutt'altro che pubblici e di reinvestimento in favore della popolazione. Questo sistema e la classe politica che lo copre e lo favorisce, sta impoverendo la popolazione al punto che, tra non molto, l'intera economia dello stato sarà esclusivamente in mano a questi "potenti", favorendo in tal modo una vera e propria dittatura economica. Tra non molto si assisterà ad una vera e propria egemonia dei centri di potere che ridistribuiranno la conquistata ricchezza nei modi, nel tempo e nei luoghi che essi decideranno, divenendo, forse, loro stessi anche rappresentanti della politica sociale. Tra non molto politica e centri di potere, diventeranno un unico organismo.
    Il popolo deve prendere coscienza che a tutto ciò si deve porre un fine, in quanto questo inusitato equilibrio di potere e politica, condurrà al tracollo la nostra nazione in brevissimo tempo, incanalandola in una dittatura in cui i gerarchi saranno i potenti che detengono la ricchezza e gli oppressi il resto della popolazione.
    Non penso che bisogna essere costituzionalisti o macro economisti per comprendere tutto questo, ma solo saggi e lungimiranti. Verso dove stiamo andando è ormai chiaro a tutti, come è anche chiaro a tutti che la colpa di quanto accade è soprattutto del popolo che lo ha permesso. Invertire la rotta di questo baratro, è un obbligo del popolo. Riuscirci dipenderà dal modo di come esso si organizzerà in tal senso.
    In Italia lo spirito di servizio dei politici è assente da 60 anni, la speranza sarà legata alle decisioni che manifesterà il suo popolo. Il popolo deve prendere consapevolezza del suo potere decisionale. È proprio al Popolo che i nostri padri hanno donato le regole per far sì che questo miracolo di auto-rappresentatività si materializzasse.
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    (1) Articolo 138 della costituzione italiana.
    Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.
    Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
    Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.

     
    LE IDEE ESPRESSE
    Il pensiero espresso, rivolto a costruire, associato alla voglia e alla capacità di fare, rendono possibile la realizzazione di progetti altrimenti irrealizzabili, impensabili.
    Solo dalle idee espresse, nascono, di tanto in tanto, i progetti che rivoluzionano il corso degli eventi, quelli che permettono di fare progredire socialmente l'intera umanità. Alcune volte taluni uomini si legano alle idee a tal punto che diventano essi stessi dei modelli per altri uomini. Altre volte le idee vengono condivise ed adottate da una collettività di uomini così grande che scompare il nome di chi le ha partorite in favore della loro diffusione e applicazione, divenendo esse stesse un uso o una consuetudine. Certo è che un pensiero inespresso, è un seme fertile che non germoglierà mai. Non diffondere un pensiero, anche se pensiamo che esso non verrà accolto o deriso, equivale a rimanere per tutta la vita muti per paura di sbagliare,  proferendo parola.
    Credere nelle proprie idee, spargerle per condividerle, essere curiosi di scoprire l'effetto che sortiranno tra la collettività, è l'essenza stessa della nostra esistenza. La nostra specie è progredita nel cammino sociale, solo ed esclusivamente per mezzo delle idee di geni visionari che venivano a volte considerati pazzi, irriverenti, presuntuosi e con eccessi di protagonismo. Alcune di queste idee, sono diventate un esempio da seguire per tanti altri, a tal punto che oggi non possiamo immaginare un'esistenza priva di tali e concreti salti di qualità sociale.
    Nessun uomo deve privarsi od essere privato degli strumenti che gli permettano di esprimere le proprie idee. Solo condividendo la cultura tra i popoli e tra i ceti da cui essi stessi sono composti, avremo la certezza che non vengano sprecati pensieri condivisibili da parte di uomini di buona volontà. È anzi la cieca e ottusa mediocrità di tanti che spesso ha negato a dei geni di esprimersi, negando loro quanto avevano da donare all'umanità, privandoli di qualunque mezzo di espressione e favorendo l'attuale aridità sociale rivolta all'accentramento del potere e il suo imperare.
    Sapete qual'è la cosa più bella delle idee espresse? Che se sono vincenti (Utili all'umanità) non muoiono mai!!

     
    IL POPOLO CITA L'ATTUALE CLASSE DIRIGENTE
    Non so se siamo nelle condizioni in cui una parte cospicua del popolo italiano è nella legittimità di citare in giudizio, la classe politica dell'ultimo ventennio.
    Sono certo che in un ipotetico processo contro i partiti e i loro rappresentanti degli ultimi 20 anni, gran parte del popolo italiano si costituirebbe parte civile.
    Non si può sempre dare fiducia ad un rappresentante politico e vedere sempre arricchire solo una piccolissima parte della popolazione. È il popolo che con il suo sacrificio rende socialmente attiva la nostra nazione.
    Chi ha promesso ogni cosa ai fini elettorali e non ha mantenuto le promesse fatte, di cosa è passibile?
    Quante volte i nostri politici hanno promesso di farci vivere meglio promettendo di aumentare i privilegi del popolo e di diminuirli ai potenti?
    Le promesse politiche non mantenute, le vessazioni praticate al popolo sotto forma di salassi fiscali mai diminuiti, l'aumento spropositato dei prezzi privo di controllo statale, il blocco dell'economia pubblica, la recessione economica e il debito pubblico giunti a livelli di irreversibilità, la copertura politica di caste di potere da parte dei politici, la cancellazione delle rappresentanze politiche di minoranza, l'occupazione perpetua dei due rami del parlamento da parte di esponenti politicamente egemoni, e tanto altro ancora, possono configurarsi in reato contro la classe politica che dovrebbe amministrare la cosa pubblica in favore della collettività?
    Può il popolo costituirsi “parte civile” nel processo che vede come imputati tutti i partiti politici, nelle persone dei suoi rappresentanti, per aver depauperato negli anni depauperato le casse statali in favore degli accentramenti di potere che proteggono e favoriscono?
    Non so dove ci porterà la politica dei nostri attuali amministratori pubblici dei partiti, so di certo che continuando a lasciare il nostro paese nelle mani di costoro non possiamo che aspettarci a breve un tracollo economico e sociale senza precedenti nella storia contemporanea della nostra nazione.

    Massimo Claudio Luigi VIOLETTA
      Attivista M5S Mascalucia (CT)
    Questo scritto è sotto licenza Creative Commons (http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/3.0/it/deed.it)

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