domenica 17 agosto 2014

IL PAESE DEI BALOCCHI


Chi non ha mai sentito parlare di Pinocchio?
Penso che ai più sia noto il contenuto della fiaba di tutte le fiabe: “Le avventure di Pinocchio”. Quella nella quale ci si ricorda perfino del nome dell'autore: “Carlo Collodi”. Quella che ha contenuti ancora riscontrabili nell'attualità. Quella che ha ispirato scrittori, poeti, cantanti e normali cittadini nel normale e ricorrente linguaggio giornaliero.
Personalmente conosco questa fiaba a memoria. Ho ricevuto il libro in occasione di un  compleanno. Non so quante volte ho letto le sue pagine e non so quante volte ho trovato riscontri nell'attualità. L'ho riletta così tante volte che è come se avessi conosciuto personalmente Carlo Collodi.
Ma che c'entra pinocchio con l'attuale situazione politica e sociale italiana europea ed internazionale?

Bramoso di ricordi, l'altra notte ho riletto i capitoli riguardanti il paese dei balocchi.
Mi è venuto naturale associare quella grottesca situazione all'attuale disagio sociale.
In questi anni siamo stati “tutti” un po creduloni nel conviverci che il “nostro” paese dei balocchi dovesse durare per sempre.
Proprio tutti..., imprenditori, dirigenti, politici, impiegati e normali cittadini, insomma tutti credevamo che l'arricchimento facile, il possesso di beni inutili (..voluttuari..) e lo spreco, dovessero durare per sempre. Non avevamo interesse a conoscere "chi" si dovesse impoverire per renderci ricchi e spensierati nel nostro bel “paese dei balocchi”. Pian pianino e soprattutto in un'epoca vicina a quella attuale, abbiamo preso coscienza che dopo l'azzeramento sociale avvenuto a causa dell'ultimo conflitto mondiale, tutti abbiamo ceduto negli anni la nostra ricchezza a chi ci ammaliava promettendo la moltiplicazione di quanto da noi investito. Abbiamo ceduto alla tentazione di tante piccole “bancherelle” che ci prospettavano lauti e prosperosi piani di investimento, con “montanti” da capogiro. In uno di questi “rovi”, vi rimase impigliata mia madre nel '68. Dopo la vendita di un appartamento di 3 vani in pieno centro storico a Catania, vincolò il frutto della vendita per 20 anni presso un noto istituto di credito nazionale, ricevendo in promessa il doppio di quanto investito ad un certo tasso fisso annuale che non ricordo. Certo nessuno poteva immaginare che da li a 6 anni, gli unici che ebbero a guadagnarci durante gli anni di piombo, furono proprio le banche o, per meglio dire, gli investitori delle banche. L'inflazione passo da poco più dell'1% del 1968, ad una media di circa il 17,50%, negli anni dal '74 all'85, con punte che oltrepassarono il 20%. Così, nella solita indifferenza e/o copertura statale, mentre nel '68 mia madre, assieme a tantissimi risparmiatori italiani, depositò in banca l'equivalente in danaro di un appartamento di 3 vani situato in pieno centro storico, nell'88 prelevò 7.000.000 di lire, l'equivalente di 1/3 del valore di una Audi 80 dell'epoca (lo so perché ne acquistai una nell'89 ad un prezzo pari a circa 21.000.000 milioni di lire). In data successiva abbiamo assistito alla nascita di sempre maggiori gruppi bancari, riducendosi, ovviamente, nel contempo, la presenza dei piccoli istituti di credito. Questi grossi gruppi finanziari oggi sono i gestori di quasi l'intero patrimonio del nostro paese, sotto la supervisione della Banca D'Italia (art. 64 d.lgs 1º settembre 1993 n. 385 - Testo Unico Bancario), a sua volta gestita, per il 90% da istituti privati. Vero è che gli attuali investitori della Banca D'Italia non possono possedere più del 3% delle quote, vero è che gli investitori non hanno nessun potere sulla governance dell’istituto, vero è che chi possiede quote superiori al 3% del valore del capitale, dovrà (s)venderle, però sulla proprietà delle 91035 quote di Intesa Sanpaolo S.p.A., delle 66342 quote di UniCredit S.p.A., delle 19000 e 18602 quote rispettivamente di Assicurazioni Generali S.p.A. e Cassa di Risparmio in Bologna S.p.A. (corrispondenti a circa il 34% dei voti del consiglio di amministrazione degli investitori), mi assale legittimamente il dubbio che qualche ingerenza, da parte loro, possa esserci!! Insomma mi assale il (legittimo) “cattivo” pensiero che a partire da un (finto) azzeramento economico-sociale, avvenuto a causa dell'ultima rivoluzione in cui belligerava il mondo intero, cittadini industriosi, hanno creduto alla “lievitazione” del loro patrimonio su consiglio di altrettanti cittadini industriosi, amministratori di istituti finanziari, bancari ed assicurativi che altro non erano che gli affluenti di un enorme bacino economico gestito da pochi. Scenario che ci appare più chiaro in questo momento recessivo.
Ma alla fine chi paga e chi trae vantaggio da questa mera operazione economica basata sulla buona fede di operosi cittadini più o meno creduloni e superficiali? Chi all'alba di ogni rinascita economica, a seguito di una (giusta) rivoluzione sociale, inizia a cedere la sua ricchezza in un processo che prima o dopo lo impoverisce al punto da farlo ripiombare in una nuova disperazione economico-sociale? Chi guida il carro che accompagna tutti gli imboniti,  nel paese dei balocchi? Chi è/sono queste oscure figure che, tramando nell'ombra, traggono linfa vitale dalla nostra operosità e svogliatezza storico-economica?
Ma soprattutto sono sempre gli stessi individui (congreghe) o cambiano nel tempo?
Non so rispondere a queste domande, ma so che alla fine pochi traggono il profitto a discapito dei tanti che se ne privano. La cosa più sconvolgente, artatamente creata, è quella che ognuno, in questa piramide, pensa di esserne l'apice. Pensa che il possesso di sempre maggior danaro, nel suo piccolo, sia il mezzo per poter permettersi una serie di privilegi e di beni voluttuari che lo elevano ad uno status sociale che altro non sono è che la manifestazione e l'ostentazione di un potere che lo elevi al di sopra degli altri. In questo meccanismo, pochi sono coloro che si rendono conto di alimentare un consolidato sistema utile ad arricchire i soli apici della piramide di cui essi stessi ne sono la struttura. L'apice (o gli apici, in quanto sono quasi certo che trattasi di pochissimi individui nel mondo) sono coloro che hanno il controllo degli investimenti economici del nostro pianeta. Non tanto per la bramosia del danaro, ma perché esso è appunto il mezzo per il controllo e il mantenimento del potere. Un potere gestito da pochissimi, ma che controlla enormi masse di individui....!!!!
È proprietario della sua ricchezza (non è detto che sia solo denaro) colui che ha la capacità di gestirla, amministrandola. Se affidiamo la gestione della nostra ricchezza ad altri, non potremo mai averne il controllo.
Quando ci accorgeremo che avremo sbagliato?
Quando, privati del frutto dei nostri sacrifici, in un sistema che dona la (falsa) tranquillità economico-sociale, ci accorgeremo che la nostra coesistenza è basata su un sistema fondato sul “potere” di controllo delle masse, per mezzo del danaro? 
Quando ci accorgeremo che qualcuno, ad arte, ci depaupera sempre più dei nostri averi facendoci credere di essere ricchi? 
Quando ci accorgeremo che la nostra fisionomia sociale si è trasformata da essere senziente a quella di perfetto imbecille?
Forse quando tutti, trasformati in asini, saremo venduti come schiavi ai nostri aguzzini: le multinazionali.
Forse, quando avremo ceduto la sovranità dei nostri stati e il controllo della cosa pubblica con noi dentro, solo allora ci accorgeremo di essere divenuti dei perfetti "Somari" in un artificioso "paese dei balocchi".
Massimo Claudio Luigi VIOLETTA
  Attivista M5S Mascalucia (CT)

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